Ce le hai presenti le torri?
No, non mi riferisco ai "serpentoni". Quelli che a velocità supersonica ti annichiliscono lasciandoti appeso a una seggiolina, gambe all'aria.
Nemmeno mi riferisco all'enorme frullatore bianco che d'improvviso ti fa roteare, mentre la forza centrifuga impedisce di tenere la testa diritta che è irrimediabilmente schiacciata sullo scomodissimo poggiatesta.
Nemmeno mi riferisco all'enorme frullatore bianco che d'improvviso ti fa roteare, mentre la forza centrifuga impedisce di tenere la testa diritta che è irrimediabilmente schiacciata sullo scomodissimo poggiatesta.
Non parlo della serenità della ruota lenta, che vertiginosamente ti porta su e poi scende con altrettanta flemma, lasciandoti godere il panorama.
È proprio quella sensazione di fitta nello stomaco, di cui parlo. Quel magone da mancanza di gravità, quello strattone che senti all'ombelico che ti tira via come fossi attaccato ad un elastico. Eppure è dolciastro ed euforicamente piacevole. È la salita della torre, l'ascesa verso l'arietta più fresca e densa, che una volta su ti lascia godere incontaminato il panorama sottostante, tenendoti in fremente attesa.
Il fatto è che, fondamentalmente, tu non sai quand'è che quella seggiolina attaccata alla torre precipiterà giù, quindi resti lì, crogiolandoti nella meraviglia della tua prima volta, assaporando i dettagli e aprendo le orecchie per scorgere panico o spavalderia dalle poltroncine circostanti. E ti senti un mito. Perché stai bene e non urli, non hai paura, perché in fondo credevo peggio!
Pensi ai tuoi amici laggiù e alle lagne di chi non ha avuto il fegato di salirci, così che un senso di potenza ti assale e hai la profonda consapevolezza che tu e solo tu hai coraggio da vendere. L'ugola è intatta (che stupide quelle gracchianti ragazzine che continuano a sgolarsi nonostante la calma), le mani sono asciutte al di fuori di ogni previsione; certo, l'emozione avrebbe potuto lasciar spazio a quel tantino di sudore che ti avrebbe comunque reso umano. Ma niente. Tu sei lì imperterrito, gioendo razionalmente della tua grandezza.
È proprio quella sensazione di fitta nello stomaco, di cui parlo. Quel magone da mancanza di gravità, quello strattone che senti all'ombelico che ti tira via come fossi attaccato ad un elastico. Eppure è dolciastro ed euforicamente piacevole. È la salita della torre, l'ascesa verso l'arietta più fresca e densa, che una volta su ti lascia godere incontaminato il panorama sottostante, tenendoti in fremente attesa.
Il fatto è che, fondamentalmente, tu non sai quand'è che quella seggiolina attaccata alla torre precipiterà giù, quindi resti lì, crogiolandoti nella meraviglia della tua prima volta, assaporando i dettagli e aprendo le orecchie per scorgere panico o spavalderia dalle poltroncine circostanti. E ti senti un mito. Perché stai bene e non urli, non hai paura, perché in fondo credevo peggio!
Pensi ai tuoi amici laggiù e alle lagne di chi non ha avuto il fegato di salirci, così che un senso di potenza ti assale e hai la profonda consapevolezza che tu e solo tu hai coraggio da vendere. L'ugola è intatta (che stupide quelle gracchianti ragazzine che continuano a sgolarsi nonostante la calma), le mani sono asciutte al di fuori di ogni previsione; certo, l'emozione avrebbe potuto lasciar spazio a quel tantino di sudore che ti avrebbe comunque reso umano. Ma niente. Tu sei lì imperterrito, gioendo razionalmente della tua grandezza.
È qui che arriva la mazzata cocente.
Mentre tu sei nel fitto dei tuoi pensieri, mentre hai finalmente inteso la vera gioia del tuo essere, quando infine sai che sei pronto a tutto e saresti addirittura capace di volare, precipiti immediatamente verso il basso ad una velocità ignota ma sicuramente altissima.
I capelli diventano blu e poi sfumano leggermente verso il bianco, la pelle diventa olivastra, dello stesso colore della bile che ora senti in gola. Stai per vomitare la colazione e la nausea ti ha reso molle e flaccido perché tu, quella discesa, proprio non te l'aspettavi. Sapevi che sarebbe arrivata, ci sei salito apposta! Il fatto è che non ci hai pensato prima, eri lì che pensavi di essere un Dio sul mondo ed ora al pari di un verme sei infinitesima caccola nelle mani di questa mefistofelica diavoleria!
Ecco.
È così anche un po' la vita, a volte.
Mentre tu sei nel fitto dei tuoi pensieri, mentre hai finalmente inteso la vera gioia del tuo essere, quando infine sai che sei pronto a tutto e saresti addirittura capace di volare, precipiti immediatamente verso il basso ad una velocità ignota ma sicuramente altissima.
I capelli diventano blu e poi sfumano leggermente verso il bianco, la pelle diventa olivastra, dello stesso colore della bile che ora senti in gola. Stai per vomitare la colazione e la nausea ti ha reso molle e flaccido perché tu, quella discesa, proprio non te l'aspettavi. Sapevi che sarebbe arrivata, ci sei salito apposta! Il fatto è che non ci hai pensato prima, eri lì che pensavi di essere un Dio sul mondo ed ora al pari di un verme sei infinitesima caccola nelle mani di questa mefistofelica diavoleria!
Ecco.
È così anche un po' la vita, a volte.